NOTA BIOGRAFICA
Salvatore Starace vive a Vico Equense.
Attratto fin da giovane dalle arti visive, prediligendo dadaismo e futurismo, pratica la fotografia, frequentando amici artisti, pittori e scultori. Da adulto ha capito di possedere delle capacità espressive, iniziando a dipingere inserendo collages nelle sue opere.
La ricerca coloristica e segnica di Salvatore Starace si appropria, in forma bidimensionale, di un elemento architettonico del suo territorio, la ringhiera del ponte di Seiano, che cita nelle sue opere inserendolo tra ritagli colorati di giornali o collegandolo a parti di soggetti dipinti.
Mano a mano l’elemento principale, che costituiva anche una prospettiva sul mondo, si va riducendo fino alla sintesi della sola parte centrale della ringhiera, intorno alla quale si coagulano altre storie. La sintesi raggiunge il suo apice e le superfici si coprono completamente di questo elemento; la fase successiva è la velatura, quasi a coprire il segno.
L’attuale espressione pittorica nasce dall’esigenza di non rappresentare più reportages, ma risignificare i cunei, da cartacei in pittorici, ricercando equilibri formali e compositivi, mantenendo la spontaneità nell’esecuzione che nasce da un’angoscia o da una frenesia, ravvisata nelle cromìe vivaci anche in campiture scure, tali da risultare come visioni e non punti di vista. Esprimendo ciò che si coglie dalla realtà percettiva artistica.
NOTA CRITICA
L’esperienza creativa di Salvatore Starace trova collocazione nella delibazione d’una dimensione materica che viene assorbita in un circuito definitorio che è quello
dell’ordine geometrico.
Non è, tuttavia, tale ordine geometrico quello dell’astrazione, quando, piuttosto, quello della scomposizione del reale nelle sue particelle frattali, che enucleano nella partimentazione del
contingente e del dettaglio, i nodi esplicativi di un ordinamento più ampio.
Questa percezione dell’unità complessiva ed organica delle cose ha consentito a Starace non solo di trovare una misura ampiamente convincente entro cui determinare la conciliazione di
processualità ordinative geometricamente scandite con ansiti materici avvertiti come determinazioni dell’effemeride esistenziale, ma anche di praticare un’allungamento prospettico di quelle
ragioni più propriamente frattali che costituiscono la misura dell’appartenenza del dettaglio all’intero e della configurazione del frammento com portatore delle istanze di un tutto.
Sulla scorta di tali determinazioni di pensiero, Starace ha individuato, allora, la formula variatissima e sempre inedita nei suoi aspetti singolarmente effettuali, di proposta d’un dettaglio del
ponte di Seiano, prossimo al suo luogo di dimora abituale, come formula archetipa cui agganciare referenze emotive e sensoriali in un continuum narrativo, ove la
specificità contingente si fa chiave d’accesso alla conoscenza della generalità.
Non c’è concessione in Starace all’impreziosimento delle forme e la sensibilità grafemica che traspare dalla sua opera è semplicemtne il portato d’una coerenza morale e produttiva che
ispira — nella continuità d’una elaborazione concettuale — una soluzione produttiva cui non s’adatta l’appellativo di formula o di emblema.
Rosario Pinto